Sommergibile S-518 “Nazario Sauro”, da unità da guerra a museo
ESTRATTO
La primissima testimonianza dell’esistenza di un’idea progettuale per la musealizzazione di una unità sommergibile risale al 1° luglio 1998, allorché l’allora sindaco di Genova Giuseppe Pericu ne inoltrava richiesta alla Marina Militare.
Considerando che l’apertura al pubblico risale al 2010, ben 12 anni dopo, è facile forse comprendere quanto grande ed impegnativa sia stata tale impresa. Una vera e propria sfida titanica, sbloccata definitivamente soltanto nel novembre 2007 con la valutazione favorevole dello Stato Maggiore della Marina Militare al progetto globale di musealizzazione dell’arch. Roberto Bajano, presentato il 20 aprile dello stesso anno in Conferenza di Servizi indetta dal Comune di Genova
Fincantieri è stata la capofila della lunga serie di imprese che hanno fattivamente realizzato l’opera.
APPROFONDIMENTO
Contrariamente a quanto spesso sentito dire, il progetto della classe “Sauro” non si inquadra quale naturale evoluzione dei sommergibili classe “Toti”, seppure questi fossero state unità estremamente silenziose e dotate di eccellenti doti di manovrabilità in immersione, tali da ottenere ottimi risultati durante tutte le più importanti esercitazioni interalleate nel Mediterraneo degli anni ‘70 e ‘80. Ottimi battelli scuola dunque, ma non perfettamente idonei per fini bellici.
Su intuizione dell’Ammiraglio Vittorio Patrelli Campagnano, con i “Sauro” la Marina Militare decise infine di mettere allo studio una nuova classe di sommergibili con prestazioni globalmente superiori, rispondenti alla delicata realtà storica del momento, siamo in piena “guerra fredda”, in relazione al possibile impiego nell’area mediterranea in ambito NATO. Venne quindi ordinata all’Italcantieri di Monfalcone, oggi Fincantieri, una prima serie di due battelli: il Nazario Sauro (S 518) e il Carlo Fecia di Cossato (S 519).
La loro realizzazione ebbe inizio alla metà degli anni ‘70 e, mentre erano ancora in costruzione, venne già ordinata una seconda serie di due sommergibili della stessa classe: il Leonardo da Vinci (S 520) e il Guglielmo Marconi (S 521). Successivamente la Marina Militare commissionò, sempre al cantiere di Monfalcone, una terza serie di “Sauro”: il Salvatore Pelosi (S 522)e il Giuliano Prini (S 523). Queste ultime unità non rappresentarono il completamento del progetto Sauro, in quanto altre due unità ulteriormente più grandi e con caratteristiche migliorate (4a serie) furono impostate agli inizi degli anni ‘90 con i nomi di Primo Longobardo (S 524) e Gianfranco Gazzana Priaroggia (S 525).
Tra la costruzione del Nazario Sauro, capostipite della classe, e il Gianfranco Gazzana Priaroggia, l’ultimo della serie, sono passati ben quindici anni: dal 1980 al 1995.
Con i sommergibili della classe Sauro 3a e 4a serie è stata realizzata una sostanziale revisione e sono state apportate alcune importanti modifiche rispetto al progetto originale (1a e 2a serie) pur lasciando inalterate le prestazioni fondamentali. Per quel che riguarda la piattaforma è stato allungato lo scafo resistente nella zona centrale (50 cm sulle unità della 3a serie e 2,5 m su quelli della 4a serie). Una più razionale distribuzione dei macchinari minori ausiliari; un nuovo quadro di comando e controllo per l’impianto di propulsione; alcune modifiche nella distribuzione dei locali della parte centrale e l’adozione della vetroresina per la realizzazione delle strutture leggere sulle unità della 4a serie. È stato inoltre adottato un nuovo impianto di navigazione e tracciamento bersagli (SACTIS – Submarine ACTion Information System), due periscopi del tipo Kollmorgen (Pilkington sui 1a serie): quello di esplorazione dotato di antenna ESM di allarme, sestante periscopico, tubo intensificatore di luce, adattamento per le riprese fotografiche/televisive e antenna ricetrasmittente radio; quello di attacco dotato di intensificatore di luce, misuratore di distanza a laser e adattamento per le riprese fotografiche. Sono stati apportati miglioramenti al sistema di telecomunicazioni impiegando nuovi apparati ricetrasmittenti.
Concepiti negli anni ‘80 come strumenti prevalentemente impiegabili per il contrasto alla minaccia subacquea del blocco sovietico, i sommergibili classe “Sauro” 3a e 4a serie hanno subito importanti migliorie e modifiche tecniche nel corso della loro vita, per consentirne l’adattamento alle esigenze operative del nuovo millennio. In particolare, alla fine degli anni ‘90, il sistema di combattimento è stato oggetto di un profondo rinnovamento. Queste unità possono svolgere operazioni di sorveglianza occulta (controllo e difesa di particolari zone di mare), localizzazione, ombreggiamento ed attacco a sottomarini e unità di superficie, appoggio ad operazioni speciali, raccolta di informazioni.
Soltanto a partire dal 2003, con il varo dei nuovissimi battelli dotati di sistema propulsivo indipendente dall’aria a “fuel-cell” classe 212A Salvatore Todaro (S 526) e, l’anno successivo, Scirè (S 527), la Marina Militare Italiana inizia l’attuazione del programma di disarmo del naviglio più datato operando la radiazione delle unità classe “Sauro” 1a e 2a serie; nell’aprile del 2002 è stata la volta del Sauro, cui ha seguito il Marconi nel 2003, il di Cossato nel 2005 e il da Vinci nel 2012.
Nazario Sauro (S 518) – SCHEDA DATI TECNICI
Il Nazario Sauro, capostipite delle serie di sommergibili che ne portano il nome, viene impostato il 27 giugno 1974 presso i cantieri di Italcantieri a Monfalcone (Trieste). Varato il 9 ottobre 1976, viene iscritto al Quadro del Naviglio Militare della Marina il 12 aprile 1980. Dopo oltre vent’anni di servizio, il 30 aprile 2002, viene ammainata la bandiera di combattimento. L’unità rimane a disposizione della Forza Armata fino al 1 agosto 2005, data in cui viene radiato.
Dislocamento: in superficie 1443 t, in immersione 1631 t Dimensioni: Lunghezza ft 63.85 m, Larghezza max 6.83 m
Velocità massima: in superficie 12 nodi, in immersione 20 nodi
Autonomia: 5100 miglia (da Genova a Colombo, India meridionale) a 9 nodi in superficie, 4500 miglia (da Genova a Sebastopoli, Mar Nero, e ritorno) a 6 nodi a quota snorkel, 250 miglia (da Genova a Fiumicino, Lazio, o Orosei, Sardegna) in immersione a 4 nodi
Propulsione: 3 generatori diesel G.M.T. e dinamo Marelli per un totale max di 2,6 MW; 1 motore elettrico di propulsione Marelli (MEP) da max 2,4 MW; batteria da 296 accumulatori suddivisi in 2 sottobatterie di 148 elementi ciascuna con una capacità di 1145 Ah; 1 elica a 7 pale
Armamento: 6 tubi lanciasiluri WASS tipo B512 da 533 mm, 12 siluri da 533 mm filo-guidati WASS A-184
Apparato sonar: Suite integrata Selenia Elsag IPD- 70/S
Massima Profondità: 300 metri (con coefficiente di sicurezza 2)
Equipaggio: 45 uomini di cui 7 ufficiali
Miglia percorse: 111.875 per 19.257 ore di moto
Il sommergibile diventa museo
Non è la prima volta che un sommergibile viene musealizzato in Italia.
In anni recenti si è proceduto a questo genere di operazione, sia a Venezia che a Milano con i due battelli classe Toti rispettivamente Enrico Dandolo e Enrico Toti.
La particolarità della progettazione promossa dal Comune di Genova – Istituzione Musei del Mare e della Navigazione, è rappresentata dalle dimensioni del battello (più grande di circa il 30% dei precedenti) e soprattutto è mirata a rendere fruibile dal pubblico una nave storica nel suo elemento, cioè l’acqua; per la prima volta, in Italia, viene musealizzato un sommergibile galleggiante.
La primissima testimonianza dell’esistenza di un’idea progettuale per la musealizzazione di una unità sommergibile risale al 1° luglio 1998, allorché l’allora sindaco di Genova Giuseppe Pericu ne inoltrava richiesta alla Marina Militare.
Considerando che l’apertura al pubblico risale al 2010, ben 12 anni dopo, è facile forse comprendere quanto grande ed impegnativa sia stata tale impresa. Una vera e propria sfida titanica, sbloccata definitivamente soltanto nel novembre 2007 con la valutazione favorevole dello Stato Maggiore della Marina Militare al progetto globale di musealizzazione dell’arch. Roberto Bajano, presentato il 20 aprile dello stesso anno in Conferenza di Servizi indetta dal Comune di Genova.
Fincantieri è stata la capofila della lunga serie di imprese che hanno fattivamente realizzato l’opera.
Il sommergibile Nazario Sauro S-518 è oggi esposto al pubblico presso la Darsena comunale di Genova nell’ambito del Galata Open Air Museum.
Nel suo elemento naturale, l’acqua, è accessibile grazie ad apposite passerelle mobili in acciaio e legno studiate in modo da accompagnare il visitatore all’interno del battello nel modo più naturale possibile e consono, per materiali e tipologie, alle consuete strutture di accesso ai battelli operativi.
Per garantire l’accesso e l’uscita dei visitatori, è stato necessario effettuare due aperture sullo scafo (una a prora e una a poppa della vela) di dimensioni tali da consentire la possibilità di sistemare due rampe di scale. L’apertura di prora, in camera di lancio, si trova in corrispondenza ed in sostituzione del portello imbarco siluri, mentre quella di poppa è stata realizzata a cavallo della paratia tra i locali quadri e motore elettrico di propulsione.
L’accesso al battello è assicurato da due distinte strutture in carpenteria metallica e legno atte all’avvicinamento dei visitatori al sommergibile. Da tali passerelle due scalandroni, uno per l’ingresso a poppa ed uno per l’uscita a prua, hanno lo scopo di permettere la comunicazione diretta tra la banchina ed il sommergibile. Essi hanno la caratteristica di essere mobili, potendosi staccare dal battello grazie ad un movimento a “ponte levatoio” assicurato da un sistema elettromeccanico oleodinamico. Tale mobilità consente di isolare il sommergibile dalla terraferma durante le ore di chiusura al pubblico.
Problematiche di tempistiche operative innescate delle prime incerte modifiche portate alla normativa antisismica nell’immediatezza del gravissimo terremoto dell’Aquila, hanno impedito la costruzione del già previsto sistema di copertura dei nuovi accessi al battello, oggi rimpiazzato da semplici tendalini “a cuffia” sistemati direttamente a bordo seppur in contrasto con la filosofia progettuale dell’arch. Bajano, che voleva lasciare intatta e inalterata la figura del sommergibile.
Il progetto originale, già approvato e finanziato, prevedeva la costruzione di due coperture tensotese, una per ciascun nuovo varco di accesso al sommergibile, a prora e a poppa. Nelle intenzioni del progettista esse potevano restituire al battello quanto gli era stato tolto, alcune porzioni strutturali del suo scafo resistente, evitando al contempo la costruzione di orpelli esterni direttamente sullo scafo a protezione degli accessi, come poi, ahimè, è stato fatto. “Le nuove coperture – racconta Bajano – possono essere considerate la proiezione verso l’alto, ingrandita, delle porzioni di scafo che sono state rimosse. Come queste ultime erano costituite da centine e lamiera di acciaio, le prime ne riprendono l’aspetto attraverso un analogo uso di materiali assai differenti: carpenteria metallica e membrana tessile“. Il tutto sarebbe rimasto sospeso al disopra degli accessi attraverso un sistema tenso-teso composto da puntoni metallici e funi d’acciaio e stabilizzato grazie a opportuni tiranti ancorati parte in banchina parte su corpi morti posati sul fondo della Darsena. Nulla avrebbe toccato, “sporcandone” le forme, la superficie esterna del sommergibile. Purtroppo, come si è detto, tutto questo è rimasto solo sulla carta (vedi immagini di progetto) togliendo al contesto un segno forte capace di identificare ed indicare anche da lontano la presenza del sommergibile in Darsena che viceversa è, per sua stessa natura, fatto apposta per rendersi il meno visibile possibile.
All’interno, sempre nell’obiettivo di pervenire ad un vero e proprio restauro conservativo del mezzo, ci si è sforzati di riprodurre un’atmosfera la più vicina possibile a quella che si ha a bordo nelle reali condizioni operative; sono stati puliti e riparati tutti gli arredi secondo la configurazione originaria, nei quadri di comando e controllo sono stati installati led illuminati come se le relative apparecchiature fossero effettivamente in funzione. Sempre con lo stesso obbiettivo, è stato installato un sistema di riproduzione dei suoni e rumori caratteristici di un sommergibile (apparati idrofonici, sonar, allarmi, ecc.). Per garantire la sicurezza dei visitatori sono state smontate o protette tutte le parti sporgenti e sono state interdette alcune zone difficilmente accessibili. Tutti i locali del battello sono stati sottoposti a una speciale pulitura con acqua dolce in pressione per eliminare la diffusa presenza di incrostazioni saline e, ove necessario, è stata effettuata la pitturazione con colorazione originaria. A bordo è presente il solo periscopio di scoperta fissato in posizione tale da consentire al pubblico di poter vedere all’esterno del battello attraverso di esso. Il sistema ottico del periscopio di attacco è stato collocato all’interno del pre-show allestito presso il Museo: al suo posto è stato sistemato un tubo in acciaio inox che ne simula la presenza in posizione ammainata e che è utilizzato anche per l’estrazione dell’aria dal battello.
Utilizzando le plafoniere originali e ripristinando la possibilità di commutare la luce bianca in luce rosso bruna per simulare il passaggio giorno/notte a bordo, il nuovo impianto restituisce l’illuminamento tipico del battello, pur con tutte le sicurezze necessarie al nuovo utilizzo al pubblico.
Musealizzazione e restauro, dunque, sono i termini che meglio identificano il delicato e innovativo lavoro svolto intorno a questa straordinaria espressione della volontà e delle capacità tecniche umane in generale e italiane in particolare.